Riforma pensioni, no grazie. Se il ‘cambiamento’ deve essere in peggio, meglio evitare
- 16 Luglio 2018
“Cambiamento” è un termine neutro se non accompagnato da un avverbio che lo qualifichi; pertanto, elogiare il governo perché sarebbe #Governodelcambiamento, per usare un hashtag popolare su Twitter, è un sintomo di webbite ma è un non senso se non accompagnato da spiegazioni circa in che direzione vada il cambiamento.
A mio personale avviso va “in peggio”, per vari motivi che non sto a dibattere ora, ma in particolare noto come anche su misure di (brutta) continuità con il passato il Governo sembri pianificare di cambiare in peggio, se è vero che si sta ponderando di intervenire per l’ennesima volta sulle pensioni (grande continuità con gli ultimi 4 governi) ma stavolta andando a colpire tutte (dico: tutte) le pensioni, tranne quelle sociali.
L’idea che viene da ambienti leghisti è quella di sostituire al ricalcolo contributivo sulle pensioni, caldeggiato dal presidente dell’Inps Tito Boeri, un bell’innovativo “contributo di solidarietà” ma stavolta imponendolo in maniera progressiva a tutte le pensioni, per intenderci a partire da quelle di 600 €/mese. Incomprensibilmente questa proposta è sostenuta anche da chi per anni si è espresso in favore di un sistema previdenziale ripulito dalle scorie assistenziali e che non si capisce come possa giustificare l’ennesimo prelievo finalizzato ad assistere; se attuata costituirebbe di fatto un prelievo fiscale progressivo slegato da qualsiasi considerazione previdenziale. Infatti il contributo sarebbe avulso da qualsiasi valutazione sui contributi versati e completamente scevro anche da considerazioni su chi abbia percepito i maggiori benefici dal sistema retributivo (soprattutto pensioni basse e medie, in misura minore quelle alte) e sarebbe invece improntato alla progressività che, come si sa, è la base costituzionale del nostro sistema fiscale.
Per assurdo, la proposta viene da un Governo che nel suo programma ha la “” e che quindi pianificherebbe di chiedere imposte ai contribuenti nella stessa percentuale del reddito indipendentemente dalla sua entità, ma poi riserverebbe ai pensionati un prelievo progressivo e che non avendo motivazioni di correttezza previdenziale sarebbe di natura fiscale al 100%. Un provvedimento del genere sarebbe sicuramente materia di ricorso a tutte le corti possibili (il puzzo di incostituzionalità è fortissimo) e ci direbbe alcune cose fondamentali:
1. Confermerebbe quanto sempre sostenuto da chi guardava alla cosa in modo non ideologico e cioè che il gettito dell’eventuale ricalcolo contributivo sulle pensioni spregiativamente definite “d’oro” (superiori a 5mila € netti) è irrisorio, perché non è lì che si annida il grasso che cola dalle pensioni retributive (citofonare pensioni medie e basse e categorie particolari quali sindacalisti etc.)
2. Chiarirebbe che, al di là delle pretese intenzioni di equità e onestà, il problema resta sempre lo stesso: fare “ciccia” avendo un sistema fiscale che non funziona e che peggiorerà in presenza della rottamazione delle cartelle e della abolizione di spesometro, redditometro e split payment.
3. Confermerebbe che affidare i propri contributi a un sistema pensionistico pubblico in Italia è una pessima idea, dato che lo Stato ne dispone in maniera autoritaria e svincolata da qualsiasi considerazione di merito circa i contributi versati. Il messaggio ai giovani che si ritengano capaci di generarsi buon reddito e buona pensione (i così detti cervelli) è chiaro: emigrate verso Paesi dove sistemi previdenziali privati o misti vi mettano al riparo dai denti affilati dei re-distributori.
4. Confermerebbe, ove mai ce ne fosse bisogno, che i pensionati sono una sorta di bancomat e che possono essere fiscalmente discriminati. All’annosa domanda del perché i contributi di solidarietà non vengano chiesti a tutti in base al reddito, di qualsiasi natura esso sia, non arrivano mai risposte.
5. Toglierebbe ai pauperisti l’illusione che il punire i pensionati “d’oro” sarebbe stato possibile senza aprire una pericolosissima porta su tutte le pensioni.
I prossimi giorni diranno se la linea pressappochista della Legaprevarrà; qualche dubbio c’è, dato che i pensionati che hanno i rapporti contributi/assegno più alti sono in larghissima maggioranza al Nord, dove la Lega miete più consensi.
Altrimenti si tornerebbe al piano M5s dove nel frattempo Luigi DiMaio si è rimangiato la soglia dei 5mila € netti abbassandola a 4mila € netti (e vedremo dove si atterrerà alla fine ,sempre per fare ciccia) ma sul quale le perplessità di fattibilità in modo equo sono enormi per la indisponibilità di parecchi dati contributivi, tanto è che lo steso Boeri che per primo ipotizzò il ricalcolo aveva prospettato la necessità di calcoli “forfettari”, il ché suona sinistro.
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