Reddito di cittadinanza con bancomat e app: cosa può andare storto?

  • 1 Ottobre 2018

Il reddito di cittadinanza è la misura attesa da 6,5 milioni di persone residenti in Italia. Per l’erogazione dell’assegno sono stabiliti i tempi di massima: nel caso delle pensioni minime di cittadinanza saranno portate a 780 euro dal primo gennaio 2019, mentre i 780 euro del reddito di cittadinanza dovrebbero essere erogati a partire dall’inizio di aprile. Il sussidio spetta al singolo componente del nucleo familiare: sale ad esempio a 1.630 euro in una famiglia con i genitori disoccupati e due figli.

Reddito di cittadinanza con bancomat e app

La platea degli aventi diritto sarà comunque significativamente ristretta, si pensa attraverso un limite da considerare attraverso l’ISEE: il MoVimento 5 Stelle vorrebbe però che fosse esclusa la prima casa di proprietà e punta su una soglia ancora non delineata. In ogni caso il governo, come raccontavamo ieri, punta a configurare il reddito di cittadinanza in uno strumento digitalizzato. La tesserina del Bancomat o una App con borsellino elettronico serviranno per effettuare le spese e gli acquisti utilizzando i 780 euro del sussidio. Spiega il Corriere:

Castelli indica che il reddito di cittadinanza dovrà finanziare solo alcune tipologie di acquisti interamente tracciati, il sistema dunque dovrà autorizzare un pagamento dopo avere verificato che, per esempio, in un negozio di elettrodomestici si sta acquistando uno scalda biberon e non, per esempio, un televisore al plasma.

Va insomma sviluppata una piattaforma di pagamenti dedicata ai beneficiari del reddito di cittadinanza. Servono, dunque, soldi, tempo e l’intervento di un operatore specializzato in servizi di pagamento. Vale ricordare, del resto, i flop della pubblica amministrazione in operazioni come social card e carta d’identità digitale.

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La povertà e i sostegni al reddito in Italia e in Europa (Corriere della Sera, 1 ottobre 2018)

Reddito in stile Grande Fratello

Insomma, visti i trascorsi di Casalino i controlli in stile Grande Fratello non stupiscono. L’esempio del televisore al plasma fornito da Castelli al Corriere però sembra avere molti buchi procedurali: una volta che il rimborso viene bloccato perché l’acquisto non è in regola cosa dovrà fare il negoziante? Dovrà provare a farsi pagare da una persona che non ha i soldi, perché altrimenti non percepirebbe il reddito di cittadinanza? Dovrà farsi restituire il bene, magari nel frattempo già scartato e utilizzato, andando incontro a una perdita? Dovrà denunciare per appropriazione indebita l’acquirente, mettendo così nei guai una persona povera?

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La povertà in Italia (La Stampa, 1 ottobre 2018)

Anche la Stampa esprime qualche perplessità al riguardo:

Lo Stato da imprenditore diventa così controllore, paternalista, perché ogni spesa del bancomat in cui è contenuto il reddito diventa tracciabile: «Semplicemente quando consumi diventa una spesa dello Stato – spiega il viceministro dell’Economia, Laura Castelli – Ma la somma resta sempre quella». Cioè minimo 780 euro per il singolo, che possono arrivare a circa 1.100 euro per una coppia o 1.400 per una coppia con figlio. La dote in mano ai Cinque Stelle per garantire il reddito è di 10 miliardi, per coprire a detta loro ben 6,5 milioni di persone, tra cui gli stranieri residenti da almeno dieci anni.

A godere del beneficio – che dovrebbe partire tra marzo e aprile – sarebbe chi ha un Isee inferiore ai 9.360 euro. L’indicatore della situazione economica usato anche per il Reddito di inclusione voluto dai precedenti governi, anche se in quel caso la soglia è di 6 mila euro. Sarà un reddito tecnologico dunque, senza scambi in denaro. Tutto dovrebbe avvenire tramite il bancomat, per mezzo di un software che impedisce alle banche dell’acquirente e del venditore di avere accesso ad alcun dato. Lo Stato invece saprà tutto: la somma che viene spesa e soprattutto ciò che viene acquistato. Il reddito infatti potrà essere utilizzato solo per i beni di prima necessità, come alimenti e abbigliamento, o anche per pagare l’affitto.

La riforma dei centri per l’impiego

C’è molta perplessità anche riguardo i tempi necessari per la riforma dei centri per l’impiego. Dovrebbero essere ribattezzati «Centri per il lavoro e per l’imprenditore» o «Jobs center». Saranno luoghi in cui, con l’incrocio dei database regionali, si incontreranno domanda e offerta di lavoro. Saranno tutti simili, renderizzati nell’aspetto come un negozio di telefonia mobile, facili all’accesso. E dovranno essere pronti, secondo il cronoprogramma, da gennaio. Per tutte le 554 sedi.

Ci vorranno 800 milioni di euro e l’impiego di personale altamente specializzato, evidentemente da formare prima di aprile. Ricapitolando: tutti i centri devono essere rimodernati, tutto il personale deve essere formato e ognuno di questi deve essere pronto ad aprile, partendo dal primo gennaio quando entrerà in vigore la legge di bilancio. Cosa può andare storto?

 

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